Assaggiare i vini di Ruedi Gerber, regista svizzero, ci ha permesso di capire come dalla ricerca di una casa in campagna, con un po’ di terra intorno e per trovare un ritmo più lento, possa sortire risultati inattesi. La sua scoperta di un luogo incontaminato a Gavorrano in Maremma, all’inizio degli anni ’90, si è infatti tradotto nella presa di consapevolezza di volere coltivare la terra seguendo il suo processo biologico innato. Dal 2009 Sequerciani ha infatti iniziato la conversione ai principi biodinamici: producendo vini naturali da vitigni autoctoni e olio da cultivar del territorio; coltivando grani antichi per confezionare pasta; allevando infine api per produrre miele millefiori.

L’obiettivo a Sequerciani è avere un impatto il più limitato possibile sui 10 ettari di vigneto, sugli altrettanti delle 1.500 piante d’olivo e delle le cultivar frantoiano, moraiolo e lazzero, e sui 15 destinati invece alla cerealicoltura. Dopo avere adottato inizialmente l’approccio biologico, certificato BioAgricert, sono diventati biodinamici, certificati Demeter dal 2014. Il nutrimento della terra, oltre ai corni con preparati 500 e 501, i sovesci e la concimazione naturale, è stato integrato da due anni con azioni omeopatiche e l’utilizzo di prodotti con estratti di alghe e lievito, finalizzati al rafforzamento delle strutture auto immunitarie delle viti.

Nelle vigne a 250 metri d’altitudine, su suoli argillosi si trovano solo vitigni autoctoni rossi dal Sangiovese al Ciliegiolo, dal Foglia Tonda al Pugnitello, con il Vermentino come unico bianco. A vinificarli l’enologa Laura Zuddas, allieva di Attilio Pagli, che approccia la varietà bianca con una vinificazione tra cemento e acciaio, senza solfiti aggiunti, per una versione non filtrata, dai profumi di mela e lieviti, dal sorso sapido, di buona struttura, con un ritorno di frutta e buona persistenza. Il Vermentino 2019 Sequerciani è stato servito come aperitivo in un incontro da Vinoir, enoteca e ristorante a Milano.

L’esordio rosso è stato con Libello 2018, da Sangiovese e Ciliegiolo, vinificato tra acciaio e anfore di terracotta, dal profilo sensoriale succoso, dall’assaggio agile e fruttato. Poi il Ciliegiolo 2018 tra sottobosco, erbe mediterranee, dai tannini gradevoli e una trama fresca, sapida. Quello che però veramente abbiamo apprezzato di Sequerciani è stato il Foglia Tonda 2018, da cemento, terracotta e poca barrique, nessun solfito aggiunto, non filtrato. Frutta rossa matura tra cui la prugna, poi pepe ed erbe officinali. L’assaggio di buona struttura è equilibrato tra tannini e freschezza, una persistenza tra liquirizia, pepe e tanta frutta rossa.

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