The Manzoni Milano – Se cucina e design sono in sintonia
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Testo di Silvana Delfuoco
Una marenda sinòira? E perché no? la soluzione giusta per questi nostri tempi difficili, dove l’incombere dell’implacabile “coprifuoco” serale spesso costringe a una cena anticipata e frettolosa.
Lo stanno sperimentando da qualche giorno alla torinese Oca Fòla, trattoria di tradizione langarola-canavesana, come risposta alle voglie improvvise di chi, di passaggio tra l’ora di pranzo e quella di cena, chiedeva di poter “mangiare qualcosa”. Perché la marenda sinòira – che in dialetto piemontese significa appunto “ merenda quasi all’ora di cena”– è davvero la soluzione giusta. E se ancora non la conoscete, non è mai troppo tardi per … sedersi a tavola!
E così anche noi, in un pomeriggio di primavera finalmente sgombro da nubi, ci siamo lasciati tentare dalla piccola Carta, da cui scegliere le proposte con cui ognuno può comporre la propria marenda.
C’è la leggera da quattro bocòn; la ghiotta da cinque; e infine la sostanziosa da sette. Oppure, per i gourmet più irriducibili, un primo o un secondo piatto o anche un goloso tagliere di formaggi o di salumi o di tutti e due insieme. Il tutto naturalmente si può accompagnare con un bicchiere – ma anche più di uno – tra le proposte di un’offerta di vini pensati ad hoc.
Noi abbiamo optato per quattro, abbondanti, bocòn, accompagnati da un’ottima bollicina di Prosecco di Valdobbiadene.
Eccoli: girello di vitello in salsa tonnata, battuta di fassone, baccalà mantecato e acciughe al verde… uova ripiene, insalata di tonno di coniglio, crema di robiole con nocciole, funghi e tartufo nero… ma come trattenersi poi davanti a un piatto fumante di gnocchi al Castelmagno che ci passa sotto il naso?
Oca fòla è il divertente nome di questa trattoria: un’ “oca mattacchiona” che vuole rievocare l’atmosfera delle piole di una volta, dove si mangiava un piatto genuino accompagnato da un bicchiere di vino buono. Di quei tempi ormai andati, felici o meno non sta a noi sentenziarlo, qui si conserva l’attenzione alla qualità delle materie prime del territorio e il rispetto per la tradizione, anche quando la si richiama alla memoria giusto per “tradirla” appena un po’. Come succede ora con questa, inaspettata e felice, marenda sinòira.
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