Il Metodo Classico più alto d’Europa
Non so voi, ma io quando penso alle regioni italiane cosiddette di confine, mi perdo. Da questo si evince che non amo i confini.
Non sono mai riuscito a imprimermi nella mente gli esatti contorni fisici delle regioni o degli stati, mentre i tratti somatici, caratteristici degli abitanti di quelle terre che siano di mare o di montagna, così come i loro usi e i costumi li ho ben in evidenza, tanto da rimanerne affascinato.
Non so come spiegare questo distinguo, ma spesso mi ritrovo a raccontare su un foglio di carta le impressioni, le suggestioni che un viaggio in quelle terre, poste agli apici, mi provoca.
La mia iniziale difficoltà credo sia colpa, o merito, degli abitanti, di quelle genti che volutamente ti accolgono facendoti sentire importante.
Un’idea del tutto personale dovuta, forse, al mio perenne nomadismo, che vivo come un costante bisogno di respirare aria nuova, consumando l’idea stessa del mio andare, ricercando il cambiamento e l’eccedenza dell’altro.
Per questo devo viaggiare per essere spiazzato, per sorprendermi, per vivere una fiaba che insceni il coraggio della rottura e del cambiamento quotidiano con me stesso, trovando l’eccezione dell’ordine di ciò che incontro solo dopo averlo assaporato, com’è successo tutte le volte che incontro Josef.
Emozioni da condividere con gli amici
Ho sempre voluto che il mio girovagare fosse il rito stesso della mia vita, se non addirittura la somma di tante parti della stessa, create al di là delle epoche, delle culture e degli uomini, dei riti ricercati sulla soglia di una casa o di una cantina.
Riti ricercati in calici di Bollicine tirate fuori da angoli nascosti, ancora sui lieviti, pure come fanciulle illibate che si aprono a chi apprezza il loro donarsi.
Emozioni da condividere con gli amici, in un brindisi augurale di un quotidiano semplice, in un presente mai nuovo, in un nuovo che odora d’antico.
Viaggiare non è altro che il racconto stesso di questi gesti che si riempiono di sacralità nella loro semplicità, tanto da manifestarsi nel pensiero solo dopo aver gettato ponti verso un altrove o un mondo latente posto ai confini di una regione o stato.
Arrivare a Meltina
Arrivare a Meltina, e sedersi davanti a un mondo di bollicine, vuol dire non solo assaporare i processi evolutivi, le novità e l’idea stessa che Josef ha dei vini che produce, ma anche ereditare gli aspetti fisiognomici e il morboso attaccamento che lui nutre per il suo lavoro e per il suo luogo di nascita, due elementi imprescindibili per rifornire di linfa vitale la propria esistenza.
L’osservo, mentre stappa una bottiglia dopo l’altra; sembra divertirsi a sorprendermi, e gioco fra i numerosi bicchieri che riempiono la tavola, disquisendo la tecnica, il tempo, l’idea e il modo per cui quell’effervescenza si manifesta.
È fiero della ricerca del “bello” che ha voluto rinchiudere in quelle bottiglie.
Ora comprendo meglio quale sia il valore dei tornanti della strada che mi ha condotto fin qui, avendo difficoltà a tracciare anche la linea di confine che dovrebbe esistere tra la terra e il cielo, Sono a 1.200 metri s.l.m.; è qui dove Josef Reiterer ha deciso di fare la sua cantina di spumantizzazione, dando origine, di fatto, al Metodo Classico più alto d’Europa.
La sua disponibilità mi ha messo a mio agio e riesco a godere della sua splendida ospitalità, così come dell’espressione perfetta che egli rappresenta di quel mondo agricolo che qui, su queste montagne, è vivo, anche se queste terre non devono essere mai state magnanime con chi le lavora.
Quella che Reiterer ha saputo costruire, è una piccola azienda che, pur non avendo vigneti, trasforma le uve selezionate e acquistate da vignaioli di fiducia, in diverse zone dell’Alto Adige.
Quello che mi piace è il suo desiderio di voler affrontare sempre nuove sfide in una continua evoluzione produttiva alla ricerca di un’ulteriore salto di qualità.
Sembra che dopo tanti anni di produzione di bollicine abbia ancora molte domande senza risposta.
Sperimentare, indagare, scoprire
“I dubbi mi seguono costantemente e forse è anche un po’ merito loro se, in me, è sempre vivo il desiderio di sperimentare, indagare, scoprire cosa vi sia dietro l’ultima, esile certezza appena raggiunta”.
Lo ascolto con attenzione mentre continua a raccontarsi.
“È proprio su queste montagne, dove si gode un clima incontaminato che favorisce una maturazione ottimale, che ho avviato la produzione dei vini nel 1979…”
Parliamo mentre sul tavolo conto ormai oltre dieci bottiglie e altrettanti calici.
Lo saluto solo dopo ore, quando ormai sono pago di quanto questo incontro mi ha dato.
Foto: Bubbles