La zona DOC Collio è ubicata sul lato est della regione Friuli Venezia Giulia, lungo il confine con la Slovenia. In quest’area si trovano i 30 ettari della Tenuta Pighin a Spessa di Capriva, dove i vigneti sono impiantati in una soleggiata collina. Qui le viti disegnano i gradoni di un anfiteatro naturale e circondano la cantina, ristrutturata e attrezzata per accogliere le uve raccolte in vendemmia. L’esposizione a sud, la ventilazione costante che arriva dall’Adriatico creano un contesto ideale per la perfetta maturazione delle uve autoctone presenti nei filari. Roberto, in un incontro a Milano, ci ha fatto degustare tre bianchi autoctoni in abbinamento alle preparazioni di Elio Sironi chef del Ceresio 7.

«Il nuovo enologo di Tenuta Pighin, Cristian Peres, ha mantenuto lo stile del suo predecessore Paolo Valdesolo in termini di purezza, linearità e pulizia – racconta Roberto – ma rispetto a Valdesolo, Peres ha dato il suo apporto introducendo 10 tonneaux da 5 ettolitri, usati per la fermentazione di piccole percentuali di mosto, per esaltare al massimo le caratteristiche delle varietà autoctone». Riprende poi «Sono del parere che il vino si fa in campagna, con rese che non superano gli 80 quintali per ettaro. L’enologo effettua le flottazioni del mosto con l’azoto, per una migliore estrazione dei profumi primari delle uve».

Il primo vino di Tenuta Pighin assaggiato è la Ribolla Gialla 2018, che contempla il passaggio in legno di una piccola porzione di mosto in vinificazione: al naso presentava sentori di frutta, di agrumi, di fiori e una netta di mandorla, mentre al sorso era fresco, sapido, avvolgente e con una netta sensazione d’immediatezza. Il piatto in abbinamento era Battuta di sorana, capperi, rafano e acciughe che ha esaltato la finezza e piacevolezza del vino ottenuto da una varietà autoctona importante per la DOC Collio. Seguiva un Friulano 2018, anch’esso con il passaggio della parte di mosto in tonneaux durante la vinificazione, proposto invece con Paccheri, funghi e fumetto all’amatriciana.

Nel calice si percepiva dapprima una nota minerale data dal contesto unico del Collio, poi frutta matura, fiori e a chiudere erbe officinali. A un naso complesso corrispondeva una bocca che giocava tra sapidità e freschezza, piacevolezza e carattere, con un finale persistente con una nota di frutta e di liquirizia. Il terzo vino autoctono Malvasia Istriana 2018 proponeva da note di frutta secca a quelle fresca tra cui l’albicocca, poi un sentore citrino e di scorza d’arancia, seguiti da erbe e spezie. L’assaggio era giocato sulla freschezza e sapidità, equilibrio e persistenza in un sorso perfetto con Parmigiano di vacche rosse con pinzimonio e composta di frutta.

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