L’edizione 2018 di “Identità Golose”, che si svolgerà a Milano da sabato 3 a lunedì 5 marzo prossimi, si concentrerà su un aspetto dell’universo enogastronomico troppo spesso lasciato sotto traccia. A prevalere nell’immagine dei protagonisti di questo settore, sempre più alla ribalta a seguito di una rilevanza mediatica a dispetto di ogni previsione in continua crescita, è infatti un divismo che, trasformandoli in autentici oggetti di culto di massa, ne oscura quel “fattore umano” senza il quale il mondo del cibo e del vino perdono un loro tratto decisivo.

La kermesse milanese tenterà dunque di richiamare l’attenzione del grande pubblico sulla dimensione umana del variegato mondo del food. Quella che le è stata sottratta dal cliché distorto impostogli, non senza una certa compiacenza di molte delle sue stesse figure di spicco, da un piccolo schermo e da una carta stampata – e forse più ancora da un mondo “social” – che li ha assurti a elementi primari di un sempre più rilucente star system. Ponendo così in secondo piano proprio quel tratto relazionale che concretamente li lega a collaboratori, fornitori, clienti.

Certo il mondo del cibo e del vino è incentrato su profumi, aromi, gusti e sapori. E dunque su ingredienti genuini presentati in una forma che li rende accattivanti e che riesce ad emozionare. Questa emozione tuttavia, laddove a prevalere è esclusivamente la performance professionale o il divismo dei suo protagonisti, rischia di attutirsi fino a dissolversi. L’unico modo per salvaguardarla sarà contestualizzarla in quell’orizzonte di convivialità che le dimensioni del mangiare e del bere da sempre su un piano antropologico rivestono.

Restituire questo multiforme universo a quella convivialità che da sempre gli appartiene, strappandolo al vortice inarrestabile di un’enfatizzazione che finisce col privarlo proprio di quel tratto umano che gli è intrinsecamente implicito, è dunque la scommessa su cui Identità Golose ha deciso di giocare tutto in questa edizione. Il rischio che tuttavia questa scommessa possa essere persa non sembra così remoto: come credere che i protagonisti stessi di questa enfatizzazione si trasformino come d’incanto nei propugnatori del “fattore umano” che hanno contribuito a dissipare?

Testo di Piergiuseppe Bernardi

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