È sicura, austera, forte e pronta a gridare al mondo quanto sia meravigliosamente profondo e importante il mestiere del coutourier; quanto sia piena di ogni forma di arte ogni singola creazione di Alta Moda; come Lei sia consapevolmente riuscita a fare “scacco matto” al debutto nella passerella Haute Couture della Maison Dior. Questa è Maria Grazia Chiuri, colei che ha rivoluzionato una delle case di moda più importanti al mondo. E dal 22 gennaio la Dio(r)evolution, inziata quasi due anni prima, ha sicuramente messo l’ennesimo tassello importante nella costruzione di una nuova idea di mood. Italiana lei, italiana Leonor Fini. Approdata nel favoloso mondo parigino di Dior lei, così come l’artista nel 900, quando riuscì a conquistare Monsieur e ad organizzare una mostra proprio nella sua galleria, diventandone amica subito dopo. Un nome qualunque? No, Leonor è puro surrealismo, è illusione. E allo stesso modo può essere definita la collezione Alta Moda Primavera-Estate 2018 della maison Dior: un insieme di abiti per lo più black and white fra i quali è possibile perdersi affascinati dalle gonne di piume, dai vestiti a scacchiera, dalle linee geometriche ben definite, dai tailleur dal taglio maschile, dalle illusioni ottiche e dalle gabbie couture en crin. Perdersi per poi ritrovarsi a respirare la vera essenza della moda, quella il cui ossigeno è lo stesso che alimenta l’arte in ogni sua forma più alta. Eppure non sono solo le creazioni che adornano il corpo delle modelle a rendere unica questa sfilata, è l’attenzione ad ogni minimo dettaglio, dalle frasi tatuate sui corpi, agli sguardi racchiusi fra le maschere di Stephen Jones, è il trucco realizzato da Peter Philips nei panni di un pittore in grado di dipingere lo sguardo autorevole e regale della donna moderna. È la stilista creatrice che all’interno del Musée Rodin, reso favoloso da istallazioni artistiche, ha parlato a tutti di “intramontabilità, patrimonio, tradizione, artigianalità” ha raccontato ad ognuno di noi L’Haute Couture in chiave elegante e decisamente contemporanea.

Testo di Elisa Zisa