Al momento è un esperimento enologico, ma il fascino di stappare una bottiglia di vino e tornare indietro nel tempo, c’è tutto. È stato presentato il 13 novembre in anteprima assoluta a Firenze Nesos, il vino marino, durante un convegno organizzato in collaborazione con Regione Toscana, Toscana Promozione Turistica, Vetrina Toscana, Fondazione Sistema Toscana. Si tratta di un esperimento scientifico unico al mondo, condotto all’isola d’Elba. Sono 40 le bottiglie prodotte secondo la tecnica utilizzata nell’isola di Chio niente meno che ai tempi dell’antica Grecia, secondo la quale i grappoli integri venivano immersi in mare aperto.
Dopo circa 2500 anni questo metodo è stato riproposto all’Elba. Torna così in vita Nesos, vino che utilizza l’ansonica, un’uva bianca coltivata sull’isola, con caratteristiche simili a quelle di due antiche uve dell’Egeo, il Rhoditis ed il Sideritis. È caratterizzata da una polpa croccante e una buccia resistente che ne ha permesso la permanenza in mare. Ma come è stata trattata? L’uva è stata immersa in mare per cinque giorni a circa 10 metri di profondità, all’interno di nasse di vimini. Il processo ha consentito di eliminare parte della pruina superficiale, mentre il sale marino per “osmosi” è parzialmente penetrato all’interno. Le uve sono state poi vinificate in anfore di terracotta e, dopo un anno di affinamento in bottiglia, in bicchiere abbiamo un vino molto simile a quello greco di 2500 anni fa.
Dal punto di vista sensoriale il vino Nesos mostra abbondanti “riflessi dorati” con sentori di frutta matura a polpa bianca e gialla, con un’evidente punta di salinità e una minore acidità titolabile legata all’incremento delle ceneri del vino. L’esperimento enologico è stato realizzato dall’Azienda Agricola Arrighi dell’isola d’Elba in collaborazione con il Professor Attilio Scienza, Ordinario di Viticoltura dell’Università degli Studi di Milano e Angela Zinnai e Francesca Venturi del corso di Viticoltura ed Enologia dell’Università di Pisa.
Rivedremo presto in tavola Nesos? “Il contributo alla ricerca dell’Università di Pisa è stato importante – dice la professoressa Angela Zinnai – a partire da quello di una mia studentessa, Naomi Deaddis, che ha dedicato la sua tesi di laurea all’esperimento. Col risultato di reperire le particolari nasse che sono servite per immergere l’uva, di definire il protocollo sperimentale e di procedere alle verifiche sia chimiche sia sensoriali del vino, realizzate con la collega Francesca Venturi”.