Dietro il cambio di passo vissuto negli ultimi decenni dal mondo del vino, c’è indiscutibilmente la tecnologia. Il suo sempre più marcato utilizzo in vigna e in cantina ha creato scenari nuovi e aperto strade inattese. Tanto che forse proprio in questa stessa svolta tecnologica, così massiccia da risultare addirittura prepotente, potrà essere cercata la ragione ultima dell’insorgere della reazione – oggi evidentemente molto di moda – volta a ricercare nei “vini naturali” la nuova frontiera dell’enologia.

L’utilizzo della tecnologia nel mondo del vino non manca comunque – a prescindere dagli esiti che ne caratterizzeranno il futuro sul piano gestionale e occupazionale – di sorprendere. Come potrebbe del resto non stupire vedere settanta ettari di vigneto vendemmiati in una manciata di giorni da un’unica macchina, guidata da un solo uomo e addirittura in grado di funzionare in modo diverso a seconda dell’intensità vegetativa dell’area su cui interviene?

È ad alcuni momenti di questa vendemmia, ormai in fase di forte espansione grazie ai rilevanti vantaggi da essa offerti sul piano dell’organizzazione e delle tempistiche del lavoro, che abbiamo assistito tra i filari delle vigne di Pico Maccario. Proprio quest’azienda infatti, nata a Mombaruzzo sul confine tra Astigiano e Alessandrino, da anni ha ormai fatto dell’innovazione tecnologica a tutto campo – sia in vigna sia in cantina – uno dei tratti portanti della sua apprezzata produzione. 

La sorpresa però non è dettata solo dall’innovativa tecnologia adottata da questa azienda, ma anche dalla sua scelta di puntare sul più tradizionale vitigno della zona. Quasi tutti i settanta ettari targati Pico Maccario sono infatti vitati a barbera e il milione di bottiglie prodotte sembra avere il suo segreto proprio nella declinazione a tutto campo di queste tradizionalissime uve. Una scelta che, degustata in versione ferma o petillant, stupisce almeno quanto la tecnologia che ne supporta il processo produttivo.

Testo di Piergiuseppe Bernardi

www.picomaccario.com