È il «5 genaro 1511» la data che, in un suo manoscritto, Leonardo da Vinci annota al termine di un passo nel quale parla di «Monbracho sopra saluzo sopra la certosa un miglio a piè di Monviso a una miniera di pietra faldata la quale e biancha come marmo di carrara senza machule che è della dureza del porfido». Difficile dire – e gli storici qui sono divisi – se Leonardo abbia effettivamente visitato questa località. Ad essere certo è però che essa, anche tenuto conto dei dettagli che egli riporta, non gli fosse affatto sconosciuta. Esattamente come non lo era per chi, proprio qui, ha deciso di impiantare i vigneti da cui sarebbe nato il Renero.

Ad avere l’idea di impiantare dei vigneti su queste terre alte, dove in epoca tardo medievale aveva trovato posto una comunità monastica, è Mauro Camusso, cavatore di pietra di professione poi divenuto protagonista, attraverso l’azienda “L’Autin”, di un efficace rilancio delle tipicità enologiche del territorio pedemontano che sta a cavallo tra Cuneese e Torinese. Forte dell’esperienza acquisita in questi anni, eccolo ora debuttare con un nuovo vino – il Renero – nato proprio alle pendici del Mombracco su un suggestivo balcone naturale che si affaccia sul Re di Pietra: il Monviso.

È in questo terreno pietroso, ricoperto da un sottile strato fertile, che Mauro Camusso ha deciso di impiantare un vigneto a Guyot, costituito da cepage di Pinot Nero provenienti dalla Borgogna. Il vino che ne è nato, e che in onore del Re di Pietra ha preso il nome di Renero, sta ora muovendo i suoi primi passi: passi da montanaro, nei quali si intravvede una solidità e una complessità, forse ancora da modulare, ma certamente destinate a dare a questo vino un futuro nel quale esso saprà esprimere al meglio tutte le sue potenzialità.

Del resto l’intero processo di vinificazione del Renero appare il frutto di una cura che ha proprio in un’oculata “lentezza” il suo segreto: le uve vengono raccolte a mano; la fermentazione nei tini, effettuata con la tecnica del “cappello sommerso” si protrae per due settimane; l’affinamento in barrique di secondo passaggio ha una durata di sei mesi. Il tutto per ottenere un Pinot Nero che, pur essendo orgogliosamente italiano, evoca nei profumi e nel gusto quel terroir francese da secoli divenuto famoso per i grandi vini che da esso nascono.

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