Daniele Accordini
Quanti di noi ricordano se l’inverno del 2010 fu lungo e freddo o quanta pioggia cadde a luglio 2014 rispetto all’anno prima?
Materia per meteorologi di professione, direte. Oppure per noi enologi, possedere questa memoria è importante.
Cantina Valpolicella Negrar
Ricordo tutte le mie 34 vendemmie in Cantina Valpolicella Negrar, storica cooperativa della Valpolicella Classica, eccellenti o difficili che siano state. La passione e la mia determinata cocciutaggine mi ha spinto a indagare e interpretare questo territorio viticolo posto a nord di Verona, tra i monti Lessini e la sponda veneta del lago di Garda.
La mia curiosità nei confronti del mio lavoro mi aiuta a comprendere di ogni annata le sue mille sfaccettare per poter tirar fuori dal vigneto il meglio, traducendo il vissuto nel bicchiere.
Il mio approccio maieutico e lo spirto di squadra che sono riuscito a costruire, mi ha consentito di portare sugli scudi la cantina cooperativa negrarese rendendola capofila della prima rete d’impresa nata per unire, valorizzare e promuovere l’eccellenza della cooperazione vitivinicola italiana.
Niente nasce per caso.
Fin da piccolo ho respirato il profumo del mosto essendo figlio di un viticoltore che aveva una piccola azienda a conduzione famigliare a San Pietro in Cariano, in Valpolicella Classica. Dopo il diploma di perito agrario, ho scelto di frequentare la Scuola enologica di Conegliano. Un’esperienza positiva durante la quale ho maturato delle belle amicizie. Terminati i 6 anni di scuola non mi sono lesinato di fare esperienze partendo dal fare il semplice operaio, con l’intento di costruirmi un bagaglio culturale con il quale interpretare le difficoltà che un viticoltore deve affrontare ogni giorno, fino a impiegarmi, per quattro anni, nella cantina Montresor, operando al fianco del grande Giuseppe Longo, mancato purtroppo di recente.
Nel 1988 venni contattato da Ettore Righetti, al tempo amministratore delegato di Cantina Valpolicella Negrar, per sostituire l’enologo uscente. Un compito non facile poiché la cantina, fondata 1933 da sei imprenditori della Valpolicella per difendere il territorio da investimenti speculativi, era afflitta da problemi di carattere tecnico, organizzativo e societario.
Diventare primo enologo
Tentennai dato che la responsabilità che avrei dovuto assumere era grande, e io ero ancora giovane. Ma l’idea di diventare primo enologo stimolò il mio orgoglio.
L’Italia si leccava ancora le ferite per lo scandalo del vino al metanolo, vedendo azzerare la propria credibilità enologica all’estero. La stessa fiducia nella figura professionale dell’enologo era tutta da ricostruire. Non nascondo di avere trascorso qualche notte insonne, ma anno dopo anno, ho affrontato e risolto i problemi vecchi e quelli che man mano venivano a costituirsi.
Le cantine cooperative
Da allora è stata una cavalcata incredibile, dovendo modificare anche la percezione diffusa, e purtroppo in parte ancora presente, che i vini delle cantine cooperative non possano ambire a fare grandi risultati. Un pensiero grossolano perché ritengo, in base all’esperienza acquisita, che cantine come questa di Negrar siano delle grandi aziende agricole capaci di indirizzare il processo produttivo della propria filiera verso la qualità. Nel 1989, insieme al direttore commerciale Luciano Sinosi, decidemmo di iniziare un progetto di alta qualità, individuando alcune aree particolarmente vocate della Valpolicella, con l’intento di selezionare uve straordinarie per far nascere importanti Cru e, di conseguenza, una linea dedicata al canale H.O.R.E.C.A. con il marchio Domìni Veneti, che andava ad affiancare la linea Cantina Negrar destinata alla grande distribuzione.
Scelte importanti figlie di una visione quanto mai moderna di cosa avrebbe dovuto diventare la cooperativa, capace di valorizzare la molteplicità dei frutti che i vari conferitori fanno confluire in azienda arrivando, con micro vinificazioni delle uve dei vari territori, alla misurazione oggettiva del loro vero potenziale. Un trascorso formidabile, puntellato da mille situazioni che si sono consolidate e hanno consentito a questa azienda di crescere e misurarsi senza timore con i mercati del mondo.
Oggi il lavoro di enologo si è ulteriormente ampliato, stratificato interconnesso con altre mille indirizzi professionali che non riguardano più solo il prodotto ma si identificano con la sua ommercializzazione e il suo racconto, la sua gestione e il suo inserimento nel sistema geopolitico del sistema vino. Confrontarsi con 244 soci che coltivano oltre 700 ettari di vigneti ubicati in prevalenza nelle colline della Valpolicella Classica e in zone veronesi DOC non è cosa semplice, ma questo rientra nel quotidiano, in quel vissuto che mi dà la forza per guardare al futuro.