La notizia, acutamente raccolta tra i rumorosi stand del Vinitaly da Roberto Fiori e tempestivamente riportata su La Stampa di oggi, non è certo di secondo piano per il mondo del vino: «Pare che qualcuno abbia comprato mezzo ettaro di vigneto da Barolo nel celebre cru Cerequio di La Morra a due milioni di euro. Ovvero quattro milioni a ettaro: una cifra stratosferica e mai vista prima, che spinge ancora più in su il Barolo nell’Olimpo dei grandi vini mondiali».
Sebbene il ventilato acquisto rimanga al momento avvolto nell’incertezza di una notizia captata al volo, non essendo stato precisato né da chi questo mezzo ettaro di vigneto di Barolo sia stato venduto né da chi sia stato acquisito, non per questo esso risulta meno clamoroso. A profilarsi è infatti una sorta di mutazione profonda del modo in cui le Langhe, presumibilmente pensate come luogo di investimento a lungo termine, vengono ormai percepite a livello internazionale.
I barolisti della zona presenti al Vinitaly – ed è sempre Fiori a rimarcarlo – sembrano aver accolto la notizia con ovvia soddisfazione, ma non senza notevoli perplessità. Un prezzo così alto, per mezzo ettaro di vigneto impiantato a nebbiolo da Barolo, quasi certamente è il segnale che ad essere interessati a queste terre sono sempre più grandi gruppi finanziari o fondi internazionali, i cui cospicui investimenti sono giustificati dalla possibilità di un loro ammortizzamento anche su tempi molto lunghi.
Immediato risulta così il rimando alla Bourgogne. Molto simile alle Langhe per territorio e approccio alla viticolura, questa regione francese sta però assistendo alla propria stessa metamorfosi: la valorizzazione crescente dei suoi prestigiosi vini va infatti di pari passo col passaggio di mano della produzione enologica da un tessuto economico a carattere familiare quello dell’alta finanza. Con risultati non sempre positivi in ordine non solo alla valorizzazione complessiva del territorio, ma anche alla peculiarità dei suoi stessi vini. Sarà questo stesso futuro ad attendere i grandi vini delle Langhe?
Testo di Piergiuseppe Bernardi