É sufficiente aggirarsi anche solo per un attimo tra gli stand del Salone del Libro di Torino, per accorgersi che l’evento torinese dedicato al variegato universo della lettura stia attraversando un momento veramente magico. Uscito dalle secche dell’incertezza in cui lo scorso anno l’aveva gettato l’avvio a Milano di Tempo di Libri, la kermesse dedicata alla lettura sembra ora navigare davvero a vele spiegate verso un pieno successo.

Un primo tassello di quest’ultimo è già stato raggiunto senza se e senza ma. Il ritorno al Salone del Libro dei grandi editori, la cui infatuazione per la novità milanese non ha tardato a spegnersi, ha infatti determinato il sold out degli spazi. Tanto da costringere gli organizzatori a dover relegare una serie di stand, non senza polemiche da parte dei piccoli editori che vi hanno trovato posto, in alcune tensostrutture collocate al di fuori dei padiglioni del Lingotto.

In questa stessa direzione sembra ormai avviarsi anche il successo di pubblico. Pur non disponendo ancora dei dati del giorno più affollato del Salone del Libro, evidentemente la domenica, i numeri dei giorni precedenti fanno già esultare gli organizzatori dell’evento. Si parla infatti, già adesso, di almeno un cinque per cento in più di visitatori, con le ovvie criticità che questo sta determinando soprattutto sul piano dell’affollamento e delle non indifferenti code agli ingressi.

E a cambiare, in questo mondo in fermento, sembra essere stato anche l’approccio al food. Quest’ultimo, nelle più recenti edizioni, aveva visto crescere il suo ruolo, grazie soprattutto alla massiccia presenza di chef famosi e al pervasivo diffondersi di degustazioni e show cooking. Ora questo food “praticato” sembra aver ceduto il suo legittimo posto, almeno tra gli scaffali del Salone del Libro, al food “raccontato”. Non senza peraltro far registrare una notevole attenzione per esso anche da parte di molti autori di grido.

Testo di Piergiuseppe Bernardi

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