Un viaggio degustativo internazionale a tema Pinot Nero

di Giovanna Moldenhauer

Martin Foradori Hofstätter ha voluto mettere a confronto, calice su calice, i suoi cru di Pinot Nero con quelli oltreoceano a sud di Portland in Oregon di David Adelsheim. Martin ha pensato a un titolo per questa esclusiva degustazione definendola “Due continenti, due pionieri, una passione”. Così è stato fatto un confronto tra due zone di produzione del Pinot Nero, offrendo, al tempo stesso, una comune visione sull’importanza del terroir, dei singoli vigneti e della qualità senza compromessi.

Martin Foradori Hofstätter rappresenta la continuazione di una storia lunga quasi due secoli. Tutto ha inizio in Alto Adige, dopo la seconda metà dell’Ottocento, quando il luminare della chimica organica Ludwig Barth, cavaliere di Barthenau, decide di piantare alcune vigne di Pinot Nero nella tenuta che ancora oggi porta il suo nome. A dare un nuovo impulso a questa sua intuizione sarà, circa un secolo dopo, proprio la famiglia del produttore di Termeno prima con Paolo Foradori e poi con suo figlio Martin.

David Adelsheim dell’omonima tenuta americana è invece un autentico pioniere del Pinot Noir (come viene chiamato negli State) in Oregon. Egli è stato, già alla fine degli anni ’60, tra i primi produttori a decidere di coltivare questo vitigno in quest’area, arrivando a essere oggi un’icona dell’enologia Made in USA.

Il confronto ha presentato prima il Pinot Noir Quarter Mile Lane 2019 di Adelsheim che, dopo un rubino luminoso, ha sfoderato un naso sfaccettato tra ciliegia a marasca, poi con spezie dolci. All’assaggio aveva tannini setosi equilibrati da freschezza, era intenso, lungo con un retrolfatto tra marasca e spezie. Seguiva il Quarter Mile Lane 2008 di Adelsheim. Dopo un colore più profondo nel calice, un naso più complesso dalle spezie in primo piano a tanti piccoli frutti rossi, con a chiudere un tocco floreale. La beva emozionale aveva tannini molto setosi, poi era fresco, sapido con un lungo retrogusto di spezie e piccola frutta in confettura. Entrambi sono prodotti nella denominazione Chehalem Mountains. Il terzo vino di Adelsheim è stato Ribbon Springs 2019 (prodotto nella denominazione Ribbon Ridge, perla enologica nella contea di Yamhill). Dopo una tonalità rubino luminoso aveva un naso più complesso in cui dopo le spezie, la piccola frutta rossa abbiamo percepito come delle piccole prugne e una nota di tabacco a chiudere. All’ingresso in bocca si percepisce sapidità, poi i tannini setosi sono equilibrati da freschezza, con una maggiore persistenza e un ritorno al palato di sensazioni più importanti e speziate.

A chiusura dell’evento abbiamo assaggiato una vera chicca, sempre di Adelsheim, il Pinot Noir Elizabeth’s Reserve 1986 (della denominazione della contea di Yamhill). Il colore nel calice era di un rosso granato con una decisa unghia aranciata, poi il naso evoluto era di frutta rossa sotto spirito, seguito spezie scure, un tocco di fiori secchi. Al palato era evoluto, con tannini ancora presenti, fresco, decisamente persistente con delle sensazioni di spezie nel finale.

Martin invece, dopo i primi tre vini di Adelsheim, ha proposto dalla Tenuta J. Hofstätter ha presentato i suoi due grandi Cru di Pinot Nero. Il primo è stato Vigna S. Urbano 2017. Da un esordio con un colore rubino il naso era diverso: da frutta rossa matura a spezie che sconfinano nel balsamico. In bocca il sorso già intenso aveva tannini setosi, equilibrati da freschezza, per poi essere già lungo, con un finale balsamico. Seguiva lo stesso vino dell’annata 2007. Dopo un rubino più profondo, aveva prima spezie che finivano nel balsamico, poi frutta rossa matura e a chiudere un tocco floreale. All’assaggio aveva tannini decisamente setosi, era fresca, di decisa lunghezza con nette sensazioni balsamiche, era emozionale.

Quindi Martin ha proposto Vigna Roccolo del 2017 (di cui produce solo 1000 bottiglie da vigne di 81 anni, coltivate a pergola trentina, impiantate dal nonno nel 1942). Dopo un esordio in veste rubino luminosa aveva profumi, perfettamente integrati tra loro, da spezie a frutta rossa, sfumando poi sul balsamico. In bocca il sorso è setoso nei tannini, fresco, poi sapido, con nel lungo retrogusto tocchi fruttati, speziati e balsamici.

Questa esclusiva degustazione si è tenuta presso il ristorante Da Berti, storico locale da poco ristrutturato a Milano.