I cicli storici si ripetono

I cicli storici si ripetono in modo sempre più veloce e trovare analogie fra un passato più o meno recente e l’oggi non è difficile anche nell’arco della stessa vita che ci è data di vivere.
La sciocchezza umana ormai non sorprende più e, pur diventando sempre più imbarazzante, la subiamo senza meravigliarci di come abbia banalizzato il quotidiano.
Continuiamo a commettere i soliti errori con un masochismo inaudito e lo scarso sapere di cui disponiamo non è sufficiente a risolvere la precarietà in cui ci troviamo.
Nonostante questo, però, pensiamo presuntuosamente di trasferirlo ad altri nella speranza che ne facciano tesoro.
Dopo anni siano ancora lì, fermi, statici, impassibili, ritrovandoci a parlare delle solite cose e cercando di definire le priorità in base a ciò che abbiamo appreso senza avere mai un dubbio, amplificando il banale e annullando ogni proposito di miglioramento.

L'uomo con la bombetta - René Magritte

Ci accorgiamo così che le cose non mutano

e, nel mondo del vino, ci crogioliamo nel saputo, nelle cose già viste, in quelle già dette, in un bla bla stantio e obsoleto.
Dal primo all’ultimo interprete, tutti parlano la solita lingua: sostenibilità, cultura, arte, mercato, prodotto, sistema…
Una spirale, una meravigliosa circolare storia dalla quale il sistema vino non riesce a staccarsi, costringendoci a ritrovarci in un succedersi di salotti tutti uguali a recitare parti di una commedia di cui siamo sempre gli stessi e unici attori.
Nell’aggregarsi in questo continuo déjà-vu non ci accorgiamo neanche dell’assenza di alcuni interpreti, ma la cosa non ci turba, poiché il banale e lo scontato ci tappa gli occhi, la bocca e qualche altra cosa.

Neanche la parola serve a stupirci.

Ormai non mi sorprendo più davanti alla banalità delle argomentazioni ricercate per trattare certe situazioni, non mi sorprendo più di come il nulla diventi movente per intrecciare discorsi o come la volontà di stupire abbia suggellato il valore di certi comunicati stampa o certi articoli presenti su quotidiani o magazine di settore.
Non ci sono più i cantori di greca memoria, e nemmeno i “trobador” delle corti medioevali, il cui compito era quello trasmettere conoscenza.
Non ci sono più, e forse perché non ci sono più personaggi autentici che sappiano aggregare nei propri salotti l’intellighenzia che esiste nel mondo del vino.

Era fortunato quel “trobador”, immerso in quell’atmosfera che comprendeva figure di spicco nell’ambito politico e della cultura. Gli restava più facile raccontare le gesta di epici cavalieri e mitiche dame.
Era lui il garante della diffusione del sapere, sempre proiettato alla ricerca del miglior carattere letterario, linguistico, didattico e scientifico, da utilizzare.
Sapeva raccontare l’invisibile facendolo diventare materia, sapeva descrivere il viaggio che lo aveva condotto alla ricerca del tesoro, descrivendo quell’oggetto fisico, persona o luogo, terra o vino, spirito o pensiero, in modo magistrale.
Tutto era traslato in un’altra dimensione che aveva poco a che fare con la materialità, pur interagendo con la stessa e facendola percepire con vibrazioni vitali che oggi siamo divenuti incapaci di comunicare. Anche quando ad essere in gioco è l’essenza di un vino o l’anima di un vigneron.

Andrea Zanfi

Foto: Bubble’s