FICO, nuovo parco tematico bolognese dedicato alla biodiversità “made in Italy”, sta per diventare una realtà. E dal momento della sua presentazione in anteprima alla stampa, su media e blog assortiti è ripartito l’ormai monotono mantra di critiche e pronostici negativi che ha sempre accompagnato le iniziative di Oscar Farinetti. A questo tam tam tuttavia l’imprenditore cuneese che ha saputo trasformare in opportunità economica l’immagine del cibo italiano nel mondo sembra dare non troppo peso. Forse ormai gli è divenuto chiaro che, come già in altre occasioni, i numeri prevarranno sulle chiacchiere, evidenziando con la loro entità il sostanziale costituirsi di queste ultime come lo sterile frutto di invidie e gelosie di provincia.

I numeri sono numeri. E nel caso di FICO, occorre ammetterlo, sono numeri impressionanti. La biodiversità e la trasformazione delle materie prime italiane in cibo trovano infatti un loro spazio unico in un’area di ben centomila metri quadrati collocati alla periferia di Bologna, collegata con l’aeroporto e con la Stazione centrale della città mediante specifiche linee di autobus identificabili grazie a un allestimento coordinato ai colori stessi di FICO. E i vari punti di quest’ultimo potranno essere raggiunti sia dall’interno, a piedi o con una serie di biciclette a tre ruote da utilizzarsi su un’apposita pista ciclabile, sia dall’esterno, servendosi di un trenino che ne seguirà il perimetro.

In questo spazio, la cui grandezza effettiva diviene forse percepibile solo aggirandosi in esso, si susseguono ininterrottamente fabbriche alimentari effettivamente in funzione e istruttive “giostre educative”, chioschi in cui è possibile mangiare velocemente uno squisito cibo di strada e ristoranti di punta capaci di offrire piatti raffinati, negozi dedicati alle produzioni italiane di qualità e aree volte a promuovere vino e birra nostrani. E se il tutto è completato da un modernissimo centro congressi modulabile e da specifiche aree dedicate allo sport e all’intrattenimento, non mancano nemmeno due ettari di campi e stalle all’aria aperta con relativi animali e cultivar.

È del tutto evidente – e lo stesso Farinetti non ha mancato di segnalarlo nel suo intervento di fronte alla platea di giornalisti nazionali e internazionali stipata a pochi giorni dall’inaugurazione di FICO nel suo centro congressi – che la complessità del progetto non è esente da criticità. E tuttavia, al di là di esse, non c’è dubbio che questo neonato parco della biodiversità italiane potrebbe rivelarsi una straordinaria opportunità per far conoscere soprattutto agli stranieri che visitano il nostro Paese un patrimonio enogastronomico che continua ad esserci invidiato, oltreché – purtroppo non senza ingenti danni – imitato.

Testo di Piergiuseppe Bernardi

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