Territori DOCG, un futuro da depositi di rifiuti radioattivi?
Il grave impatto ambientale che si profila sarebbe un cocktail micidiale di distruzione per i territori e di tutto il patrimonio ampelografico italiano.
Calinverno è certamente il vino più rappresentativo della produzione Monte Zovo. Tutto nasce dall’intuizione di Diego Cottini, nell’ormai lontano 1997, di valorizzare il terroir della sua tenuta a Caprino Veronese. Facendo tesoro dell’esperienza maturata nell’appassimento delle uve della Valpolicella, elabora dopo il 2010, anche per un cambiamento delle condizioni atmosferiche, un metodo che prevede un “appassimento a due fasi”. La prima parte avviene in pianta, con una surmaturazione delle uve lasciate sul tralcio fino alla comparsa delle prime brine invernali. Il secondo momento, assecondando la tradizione, avviene in fruttaio.
Il processo di lavorazione del Calinverno, possibile solo in annate favorevoli, richiede la perfetta sinergia di condizioni ambientali, qualità dell’uva e apporto umano. Questo metodo è permesso dalla posizione geografica dei vigneti che si trovano a circa 300 metri di altitudine, sulle pendici del Monte Baldo, parte del comprensorio dell’anfiteatro morenico di Rivoli, formatosi 2 milioni di anni fa in seguito allo scioglimento del ghiacciaio Atesino. Vigneti costantemente asciugati dal vento proveniente dalla confinante Valle dell’Adige, con una temperatura mitigata dal caldo influsso delle brezze che spirano dal lago di Garda.
L’uvaggio di Calinverno è composto da Corvina e Corvinone (70%), Rondinella( 20%), Cabernet Sauvignon (5%), Croatina (5%), varietà già suddivise in vigna con filari dedicati. Un’attenta gestione in campagna ha portato prima all’avvio della conversione al biologico per poi diventare, in tutta la tenuta, certificati nel 2018. La maturazione del vino avviene tra barrique e tonneaux di rovere francese, composte in parti uguali da botti nuove e di secondo passaggio in un periodo che varia dai 18 ai 24 mesi, seguito da un affinamento in bottiglia mai inferiore a dodici mesi prima dell’uscita.
Una verticale ha permesso di assaggiare 3 annate di Calinverno, le cui uve erano state appassite solo in pianta: l’evoluto ed equilibrato 1998, il setoso 2003 più interessante al naso e meno in bocca, il complesso 2009 forse ancora alla ricerca di un’armonicità completamente convincente. E non sono mancati nemmeno i millesimi: l’intenso e coraggioso 2013, il piacevole 2014 reso meno seducente dalla non facile annata, il giovane ma già affascinante 2015 giovane ma già affascinante.
Testo di Giovanna Moldenhauer
Il grave impatto ambientale che si profila sarebbe un cocktail micidiale di distruzione per i territori e di tutto il patrimonio ampelografico italiano.
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È da ben due secoli che la Maison Delamain, guidata di generazione in generazione da una particolarissima filosofia di produzione, pensa e vive il Cognac.
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