Casa Vicina è attualmente nota a Torino come il ristorante stellato di Eataly, geniale ipermercato dell’alimentazione di qualità creato da Oscar Farinetti. Così, pur in un contesto in cui la cucina di Claudio e Anna non ha mancato di continuare a essere giustamente apprezzato, a passare un po’ in secondo piano è stata una memoria preziosa: quella di una storia che ha radici antiche e che, a partire dagli inizi del Novecento, è venuta gradualmente consolidandosi prima a Borgofranco d’Ivrea e poi in Via Massena a Torino.

Sulle tracce di questa storia hanno ora deciso di tornare i protagonisti che ne stanno portando avanti la tradizione, anche sollecitati dalla nuova generazione di famiglia che sta cominciando a tratteggiare il futuro di questa cucina. Così ad essere proposto nei prossimi mesi sarà Terra Vicina: racconti di gusto con i produttori, una serie di cene a tema nelle quali le eccellenze della Piazza dei Produttori di Eataly verranno rideclinate nelle forme e nei sapori dell’haute cuisine di questo ristorante.

Ad aprire le danze di Terra Vicina, in un evento riservato alla stampa, è stato il Saras, o Seiras che dir si voglia: un antico formaggio fresco piemontese, ottenuto riscaldando il siero del latte e fatto stagionare avvolto in un fieno i cui sentori, dopo aver osmoticamente pervaso la pasta di questa singolare ricotta, non mancano poi di sedurre irresistibilmente il palato di chi decide anche soltanto di assaggiarne un pezzettino. Attenti, però! Come accade per le proverbiali ciliegie, anche in questo caso un pezzettino rischierà di tirare l’altro…

Se poi a trasformare questo formaggio in golosi piatti sarà la mano esperta di Claudio Vicina, le sorprese non mancheranno: che il Saras diventi la suadente crema chiamata ad accompagnare l’uovo in camicia croccante o il ripieno di un inconsueto cannolo piemontese alla nocciola pralinata, le sue potenzialità troveranno in questa cucina stellata un’esaltazione che lascerà intravedere quel grande passato che essa ha deciso di voler tornare ad esprimere. 

Testo di Piergiuseppe Bernardi

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