In principio era il formaggio

Robiola di pecora e Neige de brebis, Fontina DOP e Gran gessato d’Ayas, Blue di Pecora e Toma “La Gustosa”: sono questi i fiori all’occhiello dell’azienda cui Roberto Bagnod, seguendo le orme del padre, ha dato vita fino a trasformare una piccola realtà agricola in un autentico “gruppo” articolato e composito. Col supporto convinto dei figli, sviluppa rami d’azienda estremamente differenti tra loro: da quello caseario a quello legato alla produzione di biogas; dall’allevamento di bovini e ovini alla gestione di strutture recettive che vanno dal genuino agriturismo al raffinato resort con tanto di SPA.

Cella Grande, Roberto Bagnod, Donato Lanati e Dora Marchi
Dora Marchi, Donato Lanati e Roberto Bagnod.

Le vigne di un convento millenario

Come non accompagnare seducenti formaggi d’alpeggio con vini all’altezza della loro indiscutibile qualità? Sicuramente entrare nel mondo del vino è stata un’idea che Roberto Bagnod deve aver accarezzato più volte, senza che tuttavia la possibilità effettiva di realizzare questo suo desiderio si materializzasse concretamente. Poi d’improvviso, ecco l’acquisto di CellaGrande, un antico monastero benedettino del XII secolo collocato sul lago di Viverone e immerso nelle vigne di erbaluce. Forse proprio le vigne che Bagnod aspettava!

Una scommessa nata da un incontro

Difficile sapere come sia davvero andato il primo colloquio tra il determinato imprenditore Roberto Bagnod e il prestigioso enologo Donato Lanati, quando il patron di Villa Guelpa Daniele Dinoia li ha fatti li ha fatti incontrarte. Quel che è importante è che tra loro si sia trovata  una sintonia capace di tradursi in una scommessa: strappare l’erbaluce alla situazione di impasse che ne sta bloccando la crescita, per dischiuderlo a un futuro in cui, trovata la propria identità, possa giocare finalmente tutte le sue carte nel mercato del vino nazionale e internazionale.

Cella Grande, Roberto Bagnod, Donato Lanati

Una degustazione fuori dagli schemi

I primi risultati della strategia nata da questa scommessa è stata presentata dagli stessi Bagnod e Lanati in un’interessante degustazione tenutasi recentemente a CellaGrande. Una degustazione che, lungi da toni encomiastici, si è invece focalizzata sulla difficoltà di fare dell’erbaluce un grande vino. E se il cammino appare evidentemente ancora lungo, le potenzialità di questo vitigno, soprattutto nei risultati dello Spumante Metodo Classico Rosé Brut 2017, sembrano trovare una prima declinazione efficace e convincente. Quanto basta per lasciar intravvedere un futuro per questo singolare vino.

www.aziendaagricolabagnod.it