Nel sempre più variegato mondo del food, ci sono prodotti difficili da raccontare. Quali parole potrebbero materializzarne il colore, lasciarne affiorare il profumo, afferrarne il sapore e, soprattutto, trasmettere ad un lettore le sensazioni che il gustarli induce? Eppure occorre provarci, specie quando ci si trova di fronte a prodotti che danno addirittura l’impressione di andare oltre al buono, riuscendo a suscitare improvvisamente un inconsueto stupore.
A stupirci davvero, lungo i non proprio affollati stand dell’appena concluso Salone del Gusto, è stato uno straordinario “culatello”, sebbene sia forse improprio chiamarlo così visto che in realtà è una “culaccia”. Non si tratta di un “Riserva” del noto salume della Bassa Padana, ma piuttosto di una magia prodotta dal prosciuttificio campano Ciarcia, ricco di storia e capace di continuare a puntare con coraggio sulla qualità della norcineria: la Goccia irpina.
Identificare la Goccia irpina con un “culatello”, tenuto conto della grande fama del ben noto salume di Zibello, potrebbe risultare riduttivo. E tuttavia è forse il modo più efficace per far capire di che cosa si tratta: un must della norcineria campana – irpina per l’esattezza – prodotto in quantità estremamente limitate, partendo da cosce di suino adulto, stagionato naturalmente per non meno di quattordici mesi, utilizzando come unico conservante il sale marino italiano.
Quando però vi troverete di fronte a una Goccia irpina, la prosa delle lavorazioni, per quanto tradizionali e di altissima qualità, cederanno immediatamente il posto alla poesia del gusto: il suo colore rosso vivo con striature bianche di grasso, l’intensa fragranza del suo equilibrato profumo, ma soprattutto la sensazione di inattesa avvolgenza che la Goccia “sciogliendosi” in bocca vi lascerà sul palato, vi faranno capire che siete di fronte a qualcosa di davvero unico.
Testo di Piergiuseppe Bernardi