Sempre sul pezzo!

L’Europarlamento ha dimostrato ancora una volta, se mai ce ne fosse stato il bisogno, di essere sul pezzo. Senza se e senza ma. Nel bel mezzo di una pandemia, la cui pericolosità sta tra l’altro dimostrando l’incapacità delle forze politiche di ogni latitudine e longitudine a contrastarne le ricadute sanitarie ed economiche, si è occupato nei giorni scorsi di un tema decisivo: può un hamburger – che come è noto significa letteralmente “polpetta di carne” – essere fatto integralmente con la soia? E dunque non avere più nulla a che vedere con la carne?

Il vino senza uva e il formaggio senza latte

Che l’Europarlamento avesse acquisito nel tempo una specializzazione sui centimetri del pesce azzurro e sulle dimensioni dei mitili, è cosa nota. Così come è lampante il suo impegno a consentire la produzione e la commercializzazione di prodotti alimentari secondo modalità che, invece di esaltarne qualità e originalità, li omologano al punto da consentire di utilizzare il nome vino per prodotti estranei all’uva e formaggi per prodotti dai quali è del tutto assente il latte.

… e la carne senza carne

E se, nell’immaginario collettivo, l’hamburger è e resta il tondo di carne macinata e pressata cotto alla griglia o in padella e talora servito all’interno di un panino, ora l’Europarlamento ha preso una decisione curiosa almeno quanto le precedenti: da ora in avanti sarà legittimamente possibile  chiamare “hamburger”, sebbene in esso sia del tutto assente la carne, la “polpetta” nella quale l’ingrediente chiave dell’hamburger è integralmente sostituito dalla soia.

Se la semantica diventa un’opinione

Che all’Europarlamento serva un corso rapido di semantica è del tutto evidente. Tornare a chiamare le cose col loro nome potrebbe essere il primo passo verso il riconoscimento del diritto dei cittadini di sapere ciò che mangiano o bevono. Un diritto che – almeno questa è l’impressione prodotta da una simile decisione – continua a venire consapevolmente calpestato in nome di logiche lobbistiche e geografiche. Che certamente poco hanno a che vedere col sogno europeo degli inizi.