Il Made in Italy continua ad esercitare un fascino irresistibile. Un fascino del tutto in controtendenza con i poco lusinghieri giudizi e le negative pagelle che puntualmente – e non certo solo da oggi – agenzie di rating e analisti economici dispensano sull’Italia. A dispetto dunque di un quadro che indurrebbe a pensare continuamente il nostro come un Paese in declino, non si può non rilevare come, dati alla mano, l’immaginario internazionale continui a considerare lo stile di vita e i prodotti del Bel Paese come sinonimo di qualità.

La riprova, se mai ce ne fosse bisogno, viene da una notizia appena diffusa: le esportazioni dei prodotti legati all’agroalimentare Made in Italy, nei primi otto mesi del 2018, hanno superato il 28 miliardi di euro, facendo registrare un incremento del 3,4% rispetto allo scorso anno. Dai salumi al vino, dalla pasta alla frutta, dai formaggi alle carni, l’enogastronomia italiana sembra avere il vento in poppa e riscuotere sulle tavole internazionali un favore tanto crescente da non riuscire ad essere frenato nemmeno dai non pochi ostacoli che, in questo momento, non ne facilitano certo l’espansione.

Se al primo posto di questa crescita dell’export agroalimentare Made in Italy ci sono frutta e verdura (4,7 miliardi di euro), indiscutibile segnale di un apprezzamento per quella materia prima che del nostro agroalimentare resta uno dei punti di forza, al secondo, e prima di carni e salumi (1,64), formaggi (1,5) e pasta (1,4), c’è il vino, le cui bottiglie esportate hanno prodotto un significativo valore di quasi 3,5 miliardi di euro. E questo nonostante, per la prima volta dopo dieci anni, il fenomeno prosecco faccia registrare una lieve battuta d’arresto.

Decisivo, per le esportazioni del Made in Italy, rimane al momento il mercato Europeo. È proprio l’area UE infatti, con Francia ( 7,4%) e Germania ( 4,9%) in testa, ad assorbire la parte più cospicua della nostra produzione agroalimentare. Tuttavia il successo dei nostri prodotti continua a farsi sentire anche in aree dove il quadro politico tende a frenare le esportazioni: in Russia ( 6%), rese difficoltose dall’embargo; nel Regno Unito ( 1,3%), condizionate dalla Brexit; negli Usa ( 1,5%), frenate dalla nuova politica protezionistica di Trump. E i numeri potrebbero essere ulteriormente migliorati, se il fenomeno dell’agropirateria internazionale fosse davvero contrastato in modo efficace.

Testo di Piergiuseppe Bernardi

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