Alessandra, Meri e Valentina Tessari

hanno proposto, a dieci annate dall’uscita del primo Massifitti 2008, anno in cui rappresentava una sfida inedita, una verticale che ha evidenziato il perfetto stato di conservazione e rivalutazione del Trebbiano di Soave, varietà storica troppo spesso sottovalutata e confusa.

Nessuno prima di allora aveva scommesso o investito su questa varietà, nessun vino era mai stato prodotto in purezza. Un vino “autentico”, ottenuto da cloni delle più vecchie vigne selezionate geneticamente attraverso un approfondito studio condotto in collaborazione con l’Università di Milano e guidato dal prof. Attilio Scienza.

Alessandra, Meri e Valentina Tessari

Massifitti è stato una significativa rivoluzione

all’interno del panorama Soave. Ha dato prova, con la verticale sino al 2019 delle grandi potenzialità di longevità del Trebbiano di Soave, sottolineandone il valore e l’unicità.
Sebbene in ogni zona d’Italia siano diffusi vitigni che ne portano il nome, le ricerche hanno dimostrato come vi sia una buona variabilità morfologica e biochimica all’interno del Trebbiano di Soave, tale da far supporre un’originalità che lo distingue sia dal Verdicchio che da altri membri della famiglia dei Trebbiani.

Le sorelle Tessari si sono trovate fra le mani un piccolo tesoro di tradizione e identità, l’hanno riconosciuto e riportato alla luce.

Massifitti

In questi anni la varietà

ha fatto tanta strada a partire da casa Suavia: dallo studio delle potenzialità alla sperimentazione di cloni diversi e diversi sesti d’impianto, dalla spumantizzazione creando Opera Semplice, un Metodo Tradizionale Dosaggio Zero, alla crescita all’interno della denominazione, con sempre più cantine infatti hanno iniziato a esplorare il Trebbiano di Soave, piantando nuovi vigneti e creando nuovi vini fatti in purezza.

La strada da fare è ancora molta e le sorelle Tessari sognano per lui una DOC e un chiaro riconoscimento a livello istituzionale.

I Vigneti

Accennavamo prima della longevità

del Trebbiano di Soave.
È ottenuto da vecchie vigne che sono state selezionate e moltiplicate negli anni da vigneti di alta collina in collaborazione con l’Università di Milano, su suoli di origine vulcanica.
Da sempre è vinificato in acciaio con lieviti indigeni, maturato sulle fecce fini per 15 mesi, con un affinamento di altri 12 in bottiglia. Negli anni dal 2019 al 2009 il suo colore nel calice è passato da un giallo paglierino brillante a una luminosa tonalità dorata.
Le note di pesca gialla, kiwi e mughetto, unite al profumo della roccia bagnata, è passata con gli anni a note terziarie. L’assaggio delle 8 annate degustate è passato da una decisa freschezza, con una struttura elegante, con un finale iodato, a un vino emozionale dalla tessitura sempre equilibrata, ancora fresco e molto, molto persistente.
Sono classificati come DOC Friuli Colli Orientali.

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Credit: ph@suavia