L’obiettivo è una produzione capace di raggiungere a breve il milione di bottiglie. E le premesse ci sono tutte, visto che il Moscato Canelli DOCG, nel giro di pochissimi anni, ha saputo compiere la metà del percorso prefissato, immettendo sul mercato, nel 2017, ben 410.000 bottiglie e accingendosi, per il 2018, a superare tranquillamente l’asticella delle 500.000. Una crescita ormai costante che, con un incremento del 90%, dice dell’exploit di un prodotto che sembra contribuire in modo significativo al superamento della crisi che a lungo ha avvolto il Moscato d’Asti.
A scommettere sul Moscato Canelli DOCG, riconosciuto come sottozona del Moscato d’Asti a partire dalla vendemmia del 2011, sono state alcune aziende produttrici di un’area dell’Astigiano resa famosa da quello che veniva definito “l’oro giallo di Canelli”. Un oro le cui suggestive miniere, rappresentate da quelle “cattedrali sotterrane” in cui esso veniva prendendo gusto e colore, sono state senza dubbio una delle ragioni che ha indotto l’UNESCO a riconoscere i paesaggi vitivinicoli di Langhe, Roero e Monferrato come Patrimonio dell’Umanità.
E quella che all’inizio a qualcuno può essere parso un azzardo, si è ben presto rivelato come una scommessa vincente: «Le aziende che producono Moscato Canelli DOCG– sottolinea Gianmario Cerutti presidente dell’Associazione Produttori che intorno a questo vino si è creata – non solo in questi anni sono cresciute considerevolmente di numero, ma anche si sono convinte che investire su questa sottozona, migliorando qualitativamente il prodotto, rappresenti per questo territorio l’unica scelta per dare ad esso un futuro all’altezza del suo passato».
A favorire questa convinzione è anche il successo che il Moscato Canelli DOCG sta riscuotendo all’estero. Il suo colore e il suo gusto infatti, nel giro di appena cinque anni, hanno saputo sedurre naso e palato di numerosi paesi europei ed extraeuropei. E a provarlo sono i numeri dell’export, che attestano come la metà della produzione sia ormai destinata al mercato straniero. Ad essere incentivata risulta così anche la crescita dell’area vitata destinata a questo vino che, raggiunti ormai gli 80-100 ettari, pare orientata ad aumentare ancora nei prossimi anni.
Testo di Piergiuseppe Bernardi