Scorie Radioattive

Un curioso riciclo delle aree vinicole

Sogin, società statale incaricata di smantellare le centrali dismesse e di mettere in sicurezza le scorie nucleari a bassa e media intensità, ha resa nota la carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) per la costruzione del deposito nazionale di rifiuti radioattivi che ha individuato 67 aree possibili di 7 Regioni (Piemonte, Toscana, Lazio, Puglia, Basilicata, Sardegna e Sicilia), alcune delle quali importanti aree vinicole, enoturistiche e siti Unesco: Caluso (TO), patria del bianco Erbaluce di Caluso Docg, Acerenza (PZ), simbolo dell’Aglianico del Vulture Docg, fino a Campagnatico (GR), terra del Montecucco Sangiovese Docg, 

Il precedente dell’Irpinia

Gli scenari che si profilano ripropongono la vexata quaestio della tormentata vicenda irpina che da tempo affligge l’areale della docg Greco di Tufo: un antichissimo vitigno che, risalente al IV millennio avanti Cristo e approdato ai piedi del Vesuvio nel IV sec a. C, ha acquisito la Doc nel 1970 e la DOCG dal 2003. Proprio l’areale  del Greco di Tufo, compreso in otto piccoli Comuni della provincia di Avellino, in Campania, è seriamente minacciato dall’individuazione da parte della Regione Campania quale luogo di costruzione di un biogestione di rifiuti.  

Greco di Tufo, Claudio Quarta vignaiolo
Greco di Tufo, Claudio Quarta vignaiolo @ Carmen Guerriero

Città del Vino al fianco dei produttori

 “Una scelta incomprensibile e pericolosa” il commento di Floriano Zambon, presidente dell’Associazione Nazionale Città del Vino, già attivo per la questione irpina e che, oggi, si schiera al fianco anche dei sindaci e dei produttori vitivinicoli dei Comuni interessati, a difesa dei territori e dei paesaggi agrari di pregio. Le tre Città del Vino, individuate nuovo dalla Sogin come potenziali discariche di rifiuti radioattivi, sono da anni impegnate a promuovere un’economia sostenibile basata sull’eccellenza agroalimentare e sul turismo ambientale di pregio.

L’impraticabilità di una scelta insensata

È del tutto evidente che, laddove questa scelta dovesse tradursi in realtà, a determinarsi sarebbe un impatto ambientale tanto grave da profilarsi come un cocktail micidiale il cui esito sarebbe quello di produrre una sostanziale distruzione dei territori in questione. A venire compromesse, con danni d’immagine incalcolabili e perdita di attrattività, non sarebbero le aree considerate, ma anche l’intero patrimonio ampelografico storico italiano.