Identikit dell’influencer inutile

di Fabio Piccoli

In questi ultimi due anni, complice anche la pandemia, ho deciso di seguire con più attenzione alcuni dei cosiddetti influencer del vino, sia italiani che stranieri, in particolare sul social media che utilizzano di più, Instagram.

In sostanza ho dedicato circa un’ora al giorno per monitorare i loro profili, i loro post e le loro stories.
Non mi piace per nulla il termine influencer ma al tempo stesso ritengo importantissimo il ruolo “comunicativo” dei social media anche sul fronte della divulgazione della cultura del vino. Pertanto, pur essendo io un dinosauro analogico, considero molto importante il ruolo di tutti coloro che si impegnano per migliorare l’informazione e la comunicazione del vino con gli strumenti digitali attuali.

Influencer – comunicatori digitali

Questo per dire che non solo non ho nessun pregiudizio nei confronti dei comunicatori digitali, influencer o meno che siano, ma ho anche grandi aspettative su di essi.
Per questa ragione sono rimasto deluso da alcuni di loro – e sottolineo il termine “alcuni” per non essere tacciato di generalizzare la mia analisi – e questo mi ha spinto a redarre una sorta di identikit di quello che ho definito l’influencer del vino inutile.

Ho deciso di dare un titolo ad ogni elemento di debolezza emerso dalla mia analisi.

Prodottocentricità

A un certo punto ho iniziato a contare quanti post parlavano solo del prodotto, mostrando una bottiglia o un’etichetta esaltandone le caratteristiche gustative (più o meno bene) e mi sono accorto che quasi il 90 per cento si concentrava solo sul prodotto.
Nessuna storia sul produttore, sulla sua filosofia produttiva, sul suo fascino, sulle sue idee.
O sul territorio magari visto da una prospettivanuova, di chi l’ha vissuto da vicino come ci si aspetterebbe da un influencer.

Ripetitività

Esistono di fatto circa tre modelli di contenuti espressi dagli influencer inutili e quello che ne deriva è una impressionante ripetitività. Se si dicono le stesse cose, con le stesse modalità il risultato finale è solo uno: nessuno li ascolta più, e nella migliore delle ipotesi si mette un like per abitudine.

Egocentricità

L’influencer si mette in mostra e quindi viene seguito per la “bella vita” che fa e non per quello che racconta.
Questo è un tema cardine che vi garantisco ho provato ad analizzare da tutte le diverse prospettive perché lo ritengo uno dei limiti principali dell’influencer inutile.

Banalità

I social media offrono straordinarie opportunità per uscire dagli schemi classici della comunicazione, soprattutto di quella scritta.
Provate a immaginare solo la forza delle foto. Provate a mettere insieme in una carrellata unica decine di foto prese dai profili di alcuni wine influencer inutili e poi fate le vostre valutazioni. Non voglio condizionarvi ulteriormente.

Identità assente

In questo caso mi riferisco all’assenza di volti, di storie riconoscibili. Fare vedere un mare di vigneti, di bottiglie, di barrique è l’antitesi del racconto di un’identità autentica e riconoscibile.

Noiosità

Potrebbe essere la sintesi, il denominatore comune dei contenuti emersi dall’analisi degli influencer inutili.
Dopo due anni la mia reazione sarebbe quelle di non guardarli più se non per facilitarmi il sonno. Ma siccome continuo a essere un inguaribile ottimista (qualcuno mi darà del masochista), intendo perseverare nella mia analisi.

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