Il tartufo

Di Federico Francesco Ferrero

Giancarlo alza il portellone della Panda e Whisky sguscia fuori veloce, frenetico, eccitato. È notte fonda, l’erba fradicia, l’aria ghiacciata e il tabarro non basta a tenere lontana l’umidità, che si insinua fino alla pelle. Il cane ha imparato a soffocare i latrati ma non può trattenere le capriole. Nell’ombra della luna, protette dal nero delle colline, si muovono coppie miste di cercatori insonni, che scivolano silenziosi sotto ai viadotti e dietro ai tronchi. Le torce emettono lampi rari e poi subito tornano sotto al mantello, riservate. Una macchina romba sul ponte. Intanto, il cane raspa il bitume del viale fino a farsi sanguinare le unghie. Le luci del campanile sono così vicine che sembra di toccarle e nelle finestre di alcune case si indovina il telegiornale. La zappa si insinua tra l’asfalto e il selciato, allarga una fenditura e estrae una grossa, profumata, pepita, cresciuta in simbiosi con le radici del tiglio urbano, dove spesso spuntano, in maniera meno romantica del previsto, i preziosi funghi. La mano, con un gesto delicato, antico, scosta la mota e scopre la pelle, bianchissima, del tartufo. Avvicina un pezzo di pane alla bocca del cane, accarezza il pelo ruvido e porta il bottino al viso. I profumi del tartufo sono dolci, di aglio selvatico appena raccolto, di spezie orientali, di nocciole tostate, di miele d’acacia. E invadono il naso come ferormoni potenti che lasciano irretiti, attoniti, sorpresi. Il tartufo bianco, checché se ne creda, dà il meglio di sé con alimenti freddi, che ne prolungano il piacere senza disperderlo nell’ambiente, come avviene invece col riscaldamento. E lo zucchero, che scalda le papille, ne enfatizza il profumo in maniera sorprendente. Con la carne cruda il matrimonio è perfetto. Per questo, propongo questa mia collaudata ricetta, che può essere servita in qualsiasi momento del pasto, ma che non sfigura come dessert.

Il tartufo bianco, estratto come una pepita dalla terra, si sposa particolarmente bene con la carne cruda, mentre lo zucchero ne esalta il profumo. Interessante in questo senso e adatta a ogni momento del pasto, compreso il dessert, è una ricetta che permette di utilizzare il tartufo all’ultimo momento, preservandone così l’aroma, ne richiede pochissimo e si abbina felicemente alle bollicine: la vitella marinata con frutto della passione, su crema inglese e con granella di nocciole.

 

I piaceri della carne

DOSI PER 4 PERSONE

1. sgusciare 12 nocciole della varietà Tonda Gentile Trilobata, tostarle in padella, pelarle con l’aiuto di un canovaccio e farle raffreddare; ridurre le nocciole in granella con l’aiuto di un coltello;

2. portare a bollore 240 millilitri di latte e 240 millilitri di panna, in cui avrete lasciato in infusione un baccello di vaniglia;

3. filtrare e versare lentamente il liquido su una miscela di 12 tuorli di cascina e 120 grammi di zucchero semolato, mescolando bene;

4. riportare sul fuoco a bagnomaria continuando a mescolare fino a raggiungere la temperatura di 82°. Poi raffreddare velocemente, filtrare e conservare la crema in frigorifero in una ciotola coperta da una pellicola a contatto;

5. estrarre con un cucchiaino la polpa di 8 frutti della passione, adagiarla in una ciotola e dolcificarla con un cucchiaio di zucchero a velo;

6. tagliare 160 grammi di coscia di vitella piemontese a cubetti regolari di circa

7 millimetri di lato, batterli per qualche secondo con la lama del coltello, marinarli al buio per un’ora con la polpa del frutto della passione ben scolata; 7. scolare la carne, adagiarla sulla crema inglese fredda;

8. decorare con la granella di nocciole;

9. tagliare a lamelle un piccolo tartufo bianco d’Alba, su una placca unta con pochissimo olio extravergine, e salarlo leggermente. Disporre un ciuffetto di lamette su ogni porzione di carne.

Il vantaggio di questa preparazione è triplice: permette di preparare in anticipo le porzioni e decorare col tartufo all’ultimo momento, senza temere che l’aroma svanisca, per il calore, nel tragitto fino al tavolo; la quantità di tartufo necessaria è minima, molto democratica, ma il risultato al palato è estremamente appagante; con un piatto freddo, cremoso e acido al tempo stesso, una bollicina è il miglior accompagnamento sia all’inizio che alla fine del pasto!