Quando una pazzia vale più di tutte le ragioni – Prime Alture Wine Resort

Di Roberto Lechiancole

Prima o poi, s’incontra sempre una pazzia che vale più di tutte le ragioni”. Così è stato anche per me: l’ho immaginata, una nuova attività fuori dagli schemi, un antidoto che mi consentisse di appassionarmi ancora una volta, che mi consentisse – anziché costringermi a continuare ad andare in giro per il mondo – di far venire a me il mondo e i vecchi amici di lavoro di una vita. Avevo voglia di riassaporare una quotidianità diversa e scoprire quali fossero e fin dove arrivassero i miei limiti. Qual era il perimetro che li delimitava? Fin dove arrivava la zona di comfort che mi ero costruito, oltre la quale vi era l’incerto? Non è stato un semplice sfizio o un capriccio di un quasi sessantenne, ma una pazzia che ha figliato l’idea di coniugare il vino, il buon cibo e il relax in un luogo dove il vino la fa da padrone – e quale se non il Pinot Nero? È così che sono diventato oste nell’Oltrepò Pavese del Prime Alture Wine Resort.

Il pensiero dell’incerto mi ha toccato forse, e dico forse, per un solo attimo, ma senza farmi vacillare: mai e poi avrei potuto, a maggior ragione dopo aver buttato il cuore oltre l’ostacolo diverse volte nella vita, ribaltando e scompaginando la mia quotidianità fin da fanciullo. La maggiore responsabilità che ho sentito era quella di dover lasciare Milano per trasferirmi a Casteggio, in Oltrepò Pavese, facendo cambiare abitudini, ritmi e ambiente a tutta la famiglia, consapevole d’incontrare difficoltà d’integrazione in un sistema sociale che mi avrebbe indicato per sempre come “il milanese”.

Mi sono domandato come avrei potuto valorizzare tutte le peculiarità che questo meraviglioso territorio offre, ponendomi due obiettivi. Anzitutto, quello di creare un’offerta completa con cantina, camere e cucina, affidando la gestione, quotidianamente e umilmente, ai membri della famiglia, ognuno con un ruolo e una propria professionalità. Ma ve n’era un altro forse ancora più importante, cioè riuscire a comunicare al territorio che non siamo arrivati da conquistatori, ma da conquistati dall’Oltrepò. Così, ho iniziato a dare voce alle idee, liberando le ambizioni ed eliminando le remore.

Improvvisamente, da curiosi clienti, ci siamo ritrovati osti e vignaiuoli: un cambiamento enorme che ha richiesto sacrifici, ma tutti superabili rispetto al desiderio che avevamo di realizzare Prime Alture Wine Resort. Parole come vino, uva, vite, potatura e vendemmie, che mi sono rimbombate dentro come una bella canzone per lungo tempo, hanno cominciato a diventare lo spartito musicale delle mie giornate.

Anna, mia moglie, inizialmente restia a seguire la mia follia, alla fine ha deciso di assecondarmi pazientemente, discutendo sulle scelte che facevo, contribuendo alla loro realizzazione con uno spirito costruttivo e mettendo gusto ed eleganza in tutto ciò che stavamo realizzando insieme. Simona, mia figlia, entusiasta di trasferirsi in campagna con tutta la sua famiglia, ha iniziato a dedicarsi sin da subito alla parte amministrativa e all’accoglienza, coinvolgendo suo marito Fausto, che non solo ha seguito il cantiere di costruzione dell’immobile, ma ha anche contribuito a costruire il nostro appassionato team enologico e agronomico, unitamente a Jean-Francois Coquard, enologo con vent’anni di esperienza in Oltrepò, all’agronomo Claudio Giorgi e al maestro potatore Claudio Brunelli. Un gruppo coeso che ha messo in pratica il programma di biosostenibilità della cantina, cercando di produrre i migliori vini vocazionali del territorio, Pinot Nero e Chardonnay: vini che oggi ci consentono di essere presenti nelle carte dei vini dei migliori ristoranti, affascinati quanto noi dell’idea di essere membri della “Cantina degli Chef”.

La passione, la cura dei dettagli e la dedizione giornaliera circolanti in Prime Alture hanno contagiato tutti: il risultato è una felice integrazione tra ospitalità e ristorazione e, a sua volta, tra quest’ultima e la cantina, in uno splendido fil rouge che ha saputo promuovere la vocazionalità di questo territorio e le professionalità del team qualificato che suona in questa orchestra. Del resto, è grazie a questo team che mi spingo ad andare oltre il già acquisito, con nuovi progetti e altre idee che mi condurranno a prendere altre decisioni, a fare altri cambiamenti e nuovi stravolgimenti. Ho imparato a dare un altro valore al tempo, apprendendo che il pensare ai vigneti, alla cantina e poi al relais e al ristorante, costituisce il mio vero capitale emozionale, diverso da quello vissuto da figlio di una cultura industriale con la quale ho sentito di non identificarmi più. Piantare una vigna o un olivo è un investimento che non ho fatto per me stesso, ma per le future generazioni della mia famiglia. Un pensiero certamente dovuto al fatto che gli anni passano e la vecchiaia incombe, ma qui gli anni scorrono molto più lentamente, perché la mia mente ha sempre meravigliose cose a cui pensare. Per questo, ringrazio enormemente la mia famiglia per aver assecondato con amore le mie passioni.