Rottensteiner – La pietra rossa nel calice

Di Andrea Matteucci

Un calice di vino è un libro: sfogliandone ogni pagina troviamo terra, vigne, boschi e monti, la famiglia, un luogo e le sue genti, il passato, il presente, il futuro. Ma ci sono anche rapporti umani, ospitalità, empatia, la familiarità che si crea tra le persone. Vino, rapporti umani, ospitalità: queste tre parole suonano quasi come un mantra e sono la sintesi, estrema ma straordinariamente efficace, di Rottensteiner, famiglia e azienda vinicola altoatesina, per una storia che, partendo da molto lontano, arriva ai giorni nostri e di certo avrà un lungo domani. Un maso, anzi cinque di cui quattro di proprietà, sui verdi pendii dei monti che avvolgono Bolzano, dove i Rottensteiner, Judith e suo marito Hannes con i loro figli, hanno vita e lavoro: è da qui che nascono i loro vini, espressioni del loro modo di pensarli e di produrli ed è qui che la famiglia apre agli ospiti le porte dei tre appartamenti, di delicata accoglienza. È quindi un fil rouge, o se si preferisce un’immagine coordinata e coerente che abbraccia lo stile di famiglia. Uno stile che nasce con nonno Hans nel 1956, quando inizia a vendere nella vicina Svizzera vino sfuso. La svolta ha luogo negli anni ottanta, quando il figlio Toni entra in cantina e avvia la produzione di vini in bottiglia; successivamente, siamo agli albori del nuovo secolo, l’ingresso dei nipoti Evi e Hannes, affiancato dalla moglie Judith, consolida idee, disegna nuovi desiderata, strategie e percorsi aziendali, pur sempre nella cifra stilistica di famiglia, simbolizzata nello stambecco del logo.

I dodici ettari vitati si concentrano sulla tipicità, che vede nel Lagrein e nel Santa Maddalena le due varietà più importanti; la produzione, principalmente monovarietale, è però più ampia e si presenta in tre diverse linee, Classica, Cru e Select. I vitigni trovano casa sul terreno tipico dell’Alto Adige, il porfido: una pietra rossa che non solo ispira il nome di famiglia (“Roten Stein” significa infatti pietra rossa), ma che caratterizza anche la mineralità dei vini stessi, dagli importanti sentori aromatici dovuti a un clima molto caldo in estate ma con forti escursioni termiche notturne sui pendii coltivati. Si tratta, per naso e palato, di vini rigorosi, identitari, eleganti e beverini, frutto di un lavoro di pari caratteristiche: ancora oggi una larga parte del ciclo produttivo viene eseguita manualmente, in rispetto e ossequio alle esigenze di ogni singolo vigneto, e per operare in maniera attenta e selettiva durante la vendemmia, con evidenti benefici qualitativi, che la bocca assapora fin dal primo assaggio, ritrovando famiglia e luoghi.

Sono luoghi e famiglia che ritornano anche nell’ospitalità dei tre appartamenti dell’antico maso Kristploner: oggetto di una recente, attenta e garbata ristrutturazione, propone tre appartamenti ricavati nel vecchio fienile, ognuno dei quali è situato su due livelli. Sono luci, colori di sole e di legno, profumi di arredi caldi ed essenziali, nel dovuto rispetto di architettura, storia e fascino dell’edificio che li ospita: hanno tutto ciò che si può desiderare, senza indulgere in banali ostentazioni dell’inutile, e anche qui si respira l’identità Rottensteiner. Dai balconi, esposti a sud, la vista arriva alle Dolomiti e guarda a Bolzano. L’idea di ospitalità è quindi completa ed evoca, come si accennava agli inizi, empatia e rapporti umani che vanno ben oltre le normali consuetudini: non deve quindi stupire che qui si possano cucinare, assaporare e acquistare anche diversi prodotti fatti in casa, tutti da provare, quali marmellate, sciroppi, succhi, tisane, erbe locali e verdure.

A voler usare una definizione gelida ma efficace, l’offerta costituisce un “pacchetto completo”, con il sorriso di casa e senza mai scendere a compromessi qualitativi. La famiglia Rottensteiner vola sempre in alta quota: parafrasando il titolo di un fortunatissimo film di fantascienza, il loro percorso di vita, ospitalità e vini, con la formula del dormire in vigna, è ritorno al futuro.