Spergola: nella terra dell’uva “alata”

Di Ivano Asperti

Le tracce lasciate nel passato ci restituiscono l’immagine di una pratica vitivinicola molto lontana nel tempo. La Spergola, uva a bacca bianca, rinomata per la sua spiccata acidità, freschezza e mineralità, ha un nome dalle radici antiche: si ipotizza che “spergola” sia l’aggettivo con cui veniva definita l’uva che presentava un grappolo un po’ spargolo (o alato), poiché i grappoli principali mostravano una protrusione laterale, come un’ala. Nel corso dei secoli è stata poi chiamata in vari modi: Pomorina, Pellegrina e Spergolina. Con molta probabilità la Spergola, e il vino che se ne ricavava, si trovava sulle colline reggiane da tempi assai remoti, almeno fin da quando verso la fine dell’xi secolo Matilde di Canossa ne fece omaggio a Papa Gregorio vii. La prima testimonianza scritta risale però alle memorie di viaggio di Bianca Cappello, granduchessa di Toscana e moglie di Francesco I de Medici, che nel 1580 definiva la Spergola un “buon vino fresco e frizzante”. Successivamente, molti furono i personaggi che la citarono con parole di elogio. Ancora nel xvi secolo, il filosofo e medico Andrea Bacci menziona nella zona la produzione di vini pregevoli, profumati e frizzanti, poi ne parla nel 1644 l’agronomo Marchese Vincenzo Tamara, e nel 1752 Niccolò Caula sottolinea come la Spergoletta sia “uva buonissima, (…) al gusto saporitissima”. All’inizio dell’Ottocento Filippo Re, citando vini spumanti e vini liquorosi, ne apprezza “l’aroma e il gaz”, ricordando l’importanza di vendemmiare l’uva ben matura, di fare attenzione ai travasi e di far appassire le uve al sole o all’aria. Nel XIX secolo diversi autori, tra cui Giambattista Venturi e Giorgio Gallesio, evidenziano l’importanza e l’ottima qualità dei vini dello scandianese, alcuni dei quali realizzati proprio con la Spergola.

Nel 1842 Antonio Claudio De Valery, bibliotecario del re di Francia, nella guida redatta per i viaggiatori, consiglia il “vin blanc sucrè de Scandiano”. Pur avendo insomma radici antiche, della trasformazione in vino dell’uva Spergola per molto tempo hanno goduto solo gli abitanti di Scandiano. Confusa con una sottovarietà del Sauvignon Blanc, con cui in realtà aveva poco o nulla in comune, per lo più relegata a uva da taglio o da esportazione, sembrava condannata all’estinzione finché alcuni avveduti viticoltori hanno provveduto a salvarla, riproducendola a partire da alcuni ceppi a piede franco risalenti all’epoca prefilosserica. Nel 1976 è stata istituita la doc “Bianco di Scandiano” (con prevalenza di uve Spergola o Spergolina), poi nel 1996 modificata in “Colli di Scandiano e di Canossa”. Nel 2001 c’è l’inserimento della Spergola nel Registro nazionale delle varietà di vite, dopo che le analisi del dna hanno decretato l’unicità del vitigno; poi dal 2004 si ha il vero rilancio. Si presenta nelle tipologie Tranquillo, Frizzante, Spumante e Passito. Vino fresco e fragrante, suadente e citrino, sia nella versione ferma, sia spumantizzato. Lo Spumante si distingue per un delicato profumo di fiori e mela verde, un’importante struttura e un armonico equilibrio acidulo, che gli consentono di chiudere con un retrogusto lungo e persistente. Il Metodo Classico produce vini eccezionalmente longevi, che arrivano anche a una decina d’anni di invecchiamento. La Spergola ha caratteristiche uniche che la rendono preziosa; ha un’acidità stellare, tanto da esser usata per produrre vini frizzanti, vini secchi affilati e salati, passiti che possono affinare per anni in bottiglia, ma soprattutto spumanti di finezza incredibile. Si adatta bene alla siccità e prospera sulle colline di Scandiano, in terreni ricchi di calcare e argilla, fondamentali per dare mineralità ai vini. È per questo che la Spergola ha sviluppato un rapporto specialissimo con i colli del Reggiano, un vero e proprio caso di terroir unico. Infatti, fra i calanchi e i castelli matildici, l’insieme dei paesaggi presenti nelle zone di Castellarano, Casalgrande, Viano, Albinea, Quattro Castella, Bibbiano e, appunto, Scandiano offrono un dolce e fitto susseguirsi di colline, che regalano alle viti condizioni pedoclimatiche ottimali. La nascita della Compagnia della Spergola nel 2011 riprende idealmente l’eredità della Società Enologica Scandianese (fondata nel 1874) con l’incarico di preparare, vendere e promuovere i vini locali anche alle esposizioni universali di Filadelfia e Parigi, dove riscossero diversi successi. È un vino che riassume in sé la qualità del territorio reggiano, il paesaggio e la sua storia. Il percorso della tutela di questo vitigno è da considerarsi un “caso scuola” della biodiversità, poiché da subito ha affrontato istanze di cultura ed economia insieme.

L’esperienza della Spergola è rilevante: la identifica come una delle tante ricchezze presenti sul territorio, nonché espressione di una civiltà e un’intera area geografica. Oggi chi cerca un vino originale e particolare lo fa ricercando un’esperienza precisa, non solo un gusto. Per questo, i vitigni autoctoni acquistano ancora più significato ed è fondamentale riuscire a trovare un giusto equilibrio tra produzione e promozione. La Spergolonga è sicuramente l’evento conviviale più rappresentativo di celebrazione dell’unicità della Spergola.